Il cappello 
 
 
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Sapete cos'è un cappello alpino?  
 
È il mio sudore che l' ha bagnato  
e le lacrime che gli occhi piangevano,  
e tu dicevi: "Nebbia schifa!".  
 
Polvere di strade,  
soli di estati,  
pioggia e fango di terre balorde,  
gli hanno dato il colore.  
 
Neve e vento e freddo di notti infinite,  
pesi di zaini e sacchi,  
colpi d armi e impronte di sassi,  
gli hanno dato la forma.  
 
Un cappello così hanno messo  
sulle croci dei morti,  
sepolti nella terra scura,  
lo hanno baciato i moribondi  
come baciavano la mamma.  
 
L' han tenuto come una bandiera.  
 
Lo hanno portato sempre.  
 
Insegna nel combattimento e guanciale per le notti.  
 
Vangelo per i giuramenti e coppa per la sete.  
 
Amore per il cuore e canzone di dolore.  
 
Per un alpino il suo CAPPELLO E' TUTTO. 
 
 
IL CAPPELLO E LA SUA STORIA  
 
Il cappello alpino, con la sua cupola rotonda ornata dalla celebre penna, nacque probabilmente la sera del 9 marzo 1844, sul palcoscenico del teatro La Fenice di Venezia. Era la prima assoluta dell' " Ernani" , l' opera lirica di Giuseppe Verdi. L' autore del libretto, Francesco Maria Piave, si era ispirato all' omonimo dramma scritto da Victor Hugo . Il protagonista dell' opera era un eroe che combatteva le ingiustizie e la tirannide e l' autore lo descriveva con un mantello ed un grande cappello da montanaro. Il costumista della Fenice, partendo dalla descrizione, disegnò un cappello rotondo, con ampie falde, sormontato da una grande piuma.  
L' opera risuonava di continui inviti a combattere la tirannide, di esortazioni all' amor di patria e rappresentò per gli spettatori l' esaltazione di quegli ideali di libertà a cui molti aspiravano. Il protagonista dell' " Ernani" divenne simbolo di patriottismo, tanto che il suo ritratto appariva nelle vetrine dei librai di Venezia accanto a quelli di Giuseppe Verdi e di Francesco Maria Piave. Ma anche i cappellai cominciarono a produrlo e a venderlo con profitto, poichè il cappello "all'Ernani" era divenuto il copricapo dei patrioti di Venezia, specialmente durante l' insurrezione del 1848.  
Da Venezia l' uso si diffuse anche nelle altre città che non sopportavano più il dominio austriaco, che adottarono quel costume a divisa patriottica.  
A Milano durante le Cinque Giornate molti combattenti lo avevano in testa e lo agitavano in segno di sfida agli austriaci. Perfino le donne erano orgogliose di portarlo: la moda fu lanciata da Cristina di Belgioioso , che si fece ritrarre con in testa un cappello del genere. Subito dopo la cacciata degli austriaci dalla città , quel cappello divenne così comune che un gionale milanese del 3 aprile 1848 lo descrisse come "una moda cittadina assoluta" . Nel frattempo il cappello aveva cambiato nome, e invece che "all' Ernani" si preferiva chiamarlo "alla calabrese" , in quanto simile a quello così popolare in quella regione. Le sue falde erano diventate più corte e la piuma era stata sostituita da una o due penne infilate nella coccarda tricolore, posta su un lato. 
Fu adottato anche da Pier Fortunato Calvi, l' eroe dell' insurrezione cadorina del 1848, che ne diede in dotazione uno simile ai suoi volontari, i "Cacciatori delle Alpi".  
 
Nel 1873, quando alle truppe da montagna si volle dare un copricapo speciale e tipico, ci si ispirarò alla tradizione risorgimentale e il modello fu appunto il cappello "all' Ernani" : il cappello con la penna caratterizza gli alpini sin quasi dalla nascita del Corpo. Fu nel marzo del 1873, infatti, che i chep della truppa e dei sottufficiali e i berretti degli ufficiali furono sostituiti dal primo tipo di cappello con la penna. Era un cappello di feltro nero, con la calotta tronco-conica terminante a cupola. Aveva una fascia e un sottogola , poi eliminato, di cuoio nero e tese rialzate. Sul davanti aveva un fregio: una stella a cinque punte di metallo bianco con il numero della compagnia. Nel 1878 sul cappello apparve anche una penna bianca d' oca per indicare gli appartenenti agli Stati maggiori dei battaglioni, e due anni dopo, comparì un fregio di metallo bianco, disegnato esclusivamente per gli alpini, nel quale appariva per la prima volta un aquila incoronata con le ali aperte. Nello stesso anno la penna fu inserita in una nappina di lana rossa per la truppa e i sottufficiali, di metallo argentato per gli ufficiali. Nel 1882, con l' apparizione dei reggimenti , il cappello subì altre modifiche. Nel tondino centrale del fregio apparve il numero del reggimento. Le nappine della truppa e dei sottufficiali presero colori diversi (bianco, rosso, verde, blu) a seconda dei battaglioni del reggimento. Tutti gli ufficiali superiori, dal maggiore in su , adottarono la penna bianca, che scomparve dai cappelli degli appartenenti agli Stati maggiori dei battaglioni. Nel 1910, dopo l' adozione dell' uniforme grigioverde, alpini e artiglieri di montagna adottarono un nuovo tipo di cappello, tipo destinato a restare, in sostanza, invariato sino ad oggi. 
Il modello della truppa e dei sottufficiali era di feltro di pelo di coniglio, grigioverde, con la calotta ornata da una fascia di cuoio intorno alla base, e aveva la tesa anteriore abbassata e quella posteriore rialzata. Sul lato sinistro la penna era inserita in una nappina di lana con il colore del battaglione. Il modello degli ufficiali era di feltro di pelo di coniglio, grigioverde, con la calotta ornata da una fascia di seta e da un cordoncino di lana attorno alla base, sempre con la tesa anteriore abbassata e quella posteriore rialzata. La penna era inserita in una nappina di metallo argentato. Sullo stesso lato c' erano i gradi a V rovesciata d' argento.  
Nel 1912 fu adottato il fregio rimasto in uso sino ad oggi: un' aquila con le ali aperte al di sopra di una cornetta, con il numero del reggimento nel tondino centrale, posta davanti a due fucili incrociati (due cannoni incrociati per gli artiglieri da montagna).  
Dalla prima guerra mondiale in poi ci furono solo cambiamenti poco rilevanti, relativi soprattutto al fregio, alla nappina e ai materiali di cui erano costituiti. La forma del cappello resta invariata e caratteristica, tale da diventare un simbolo di appartenenza e un motivo di orgoglio per tutti gli alpini.
 
Costruito dal Gruppo Alpini Seveso